Il settore agricolo dell’Unione europea contribuisce al 10% delle emissioni di gas serra. Una misura per diminuirle, è stata identificata con la proposta di limitare l’uso di pesticidi. La produzione di tali prodotti chimici è di fatti ad alta intensità energetica e richiede combustibili fossili. Ma soprattutto, negli anni, l’uso intensivo di pesticidi ha avuto effetti devastanti sui fragili ecosistemi naturali, provocando una grande perdita sia sulla flora e fauna europea, che sulla salute dei cittadini. Come rendere il loro uso sostenibile dunque?
La domanda che molti si pongono è: si può veramente pensare a un futuro del settore agricolo senza i pesticidi? L’attuale modello di agricoltura intensiva è in grado di fornire cibo ben più che a sufficienza, ma con se ha portato a un enorme deterioramento della natura e contaminazione del cibo che consumiamo. Da un sondaggio Eurobarometro dell’aprile 2021 emerge che il 65% dei cittadini dell’Unione europea sostiene che l’uso di pesticidi e altri prodotti chimici in agricoltura sia un problema urgente per le aree rurali.
Durante il 2021, alcune politiche a livello europeo hanno avuto come obiettivo principale quella di includere la di riduzione per pesticidi del 50%, incoraggiando l’ingresso sul mercato di prodotti alternativi, di bio-controllo dei parassiti, insieme a un target di crescita dell’agricoltura biologica al 25% su tutto il territorio europo.
Ma sebbene la strategia Farm To Fork, il piano messo a punto dalla Commissione europea per guidare la transizione verso un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente e che richiede la diminuzione pesticidi, sia stata approvata a ottobre dal Parlamento europeo, essa non è uno strumento legislativo vincolante, e che all’indomani della nuova politica agricola comunitaria (Pac) approvata a dicembre, lascia largo margine di manovra ai governi nazionali.
Perché non vi siano solamente linee guida ad ampie interpretazione su come apportare una reale riduzione dell’uso di erbicidi e pesticidi, nel 2022 la Commissione vuole mettere in campo un altro strumento legislativo. In marzo la direttiva del 2009 sull’uso sostenibile dei pesticidi (detta Sud) che mira specificatamente a ridurre i rischi e gli impatti dell’uso dei pesticidi sulla salute umana e sull’ambiente, dovrà essere rivista.
Sono molte e diverse le paure venute a galla tra gli operatore consultati prima della redazione del testo finale. Questa proposta ha chiaramente attirato gli interessi delle aziende agrochimiche, che temono che il loro fatturato diminuisca drasticamente, se le vendite dei loro prodotti verrà limitata. Anche alcune organizzazioni a sostegno degli agricoltori sono preoccupate che i loro iscritti non siano in grado di produrre abbastanza cibo, per soddisfare il fabbisogno e le richieste dei consumatori.
Come rendere sostenibile l’utilizzo dei pesticidi, se non attraverso una diminuzione del loro uso? Tra le soluzioni a cui fanno appello le aziende, supportate da associazioni di agricoltori, la Sud dovrebbe favorire e promuovere l’adozione di un’agricoltura sempre più digitalizzata, con nuove tecnologie di precisione , come droni, e nuovi strumenti che rendano possibile una distribuzione mirata dei pesticidi sul terreno da cultura.
Le ong chiedono invece una transizione verso pratiche agroecologiche che rispettino la natura. “Stiamo assistendo a una preoccupante e persistente tendenza a concentrarsi sullo sviluppo di techno-fixes. Eppure, la scienza è chiara: abbiamo bisogno di una trasformazione completa del nostro sistema alimentare verso l’agroecologia, per rispondere alle sfide sanitarie, sociali e ambientali – ha detto Marta Messa, direttrice di Slow Food Europe, a Wired -. Slow Food non è contro l’innovazione, ma c’è bisogno di coinvolgere i piccoli agricoltori e i cittadini“.
Costringere piccoli agricoltori ad utilizzare tecnologie molto costose di proprietà delle aziende agrochimiche, potrebbe avere come conseguenza una loro ulteriore dipendenza , ma anche eventuali problematiche economiche ed un possibile deterioramento di una agricoltura a conduzione familiare, che negli anni sta via via scomparendo.
Inoltre queste tecnologie non rendono i pesticidi meno nocivi. Negli ultimi decenni, insetti pollinatori come le api sono diminuiti drasticamente in presenza e diversità e i pesticidi sono stati ritrovati a distanze considerevoli dalle zone rurali, mettendo a rischio la salute dei cittadini anche nelle zone urbane. Lo scorso settembre, oltre duecento ong hanno concluso la raccolta firme per un’iniziativa europea per la salvaguardia delle api e degli agricoltori, collezionando oltre il milione di firme necessario per portare le loro richieste in sede comunitaria. “Il sostegno per l’iniziativa dimostra quanto i cittadini siano preoccupati,” ha detto Martin Dermine, responsabile per la ong Pesticide action network Europe (Pan Europe), che ha inoltre dichiarato che le ong si impegneranno per far si che la Sud divenga una misura cardine per la diminuzione dei pesticidi ed il ripristino della biodiversità in Europa.
Negli ultimi decenni, lo sviluppo dell’agricoltura biologica e l’implementazione dell’agroecologia hanno dimostrato chiaramente che l’agricoltura senza pesticidi è un’opzione reale, che richiede un forte adattamento e impegno da parte degli agricoltori e delle forze politiche. La Sud sarà la prima vera riforma del Green Deal a essere votata. Ma se sarà poco ambiziosa, la transizione ecologica dell’Unione si fermerà al primo passo.
Il 2022 determinerà anche se alcuni pesticidi potranno continuare a essere utilizzati o meno. Il glifosato è l’ingrediente attivo di popolari pesticidi, conosciuto soprattutto per gli scandali legati all’azienda Monsanto che ora, acquisita da Bayer, vede negli Stati Uniti oltre 30mila cause legali portate avanti da molti agricoltori che hanno sviluppato malattie e condizioni croniche all’indomani dell’utilizzo prolungato di questa sostanza.
Nel 2017 la Commissione europea ha concesso un’approvazione quinquennale per l’utilizzo del glifosato, che scadrà il 15 dicembre 2022. L’Efsa, l’agenzia europea per la sicurezza del cibo con sede a Parma, dovrà emettere il suo verdetto su un possibile rinnovo basandosi anche sul dossier scientifico presentato dal Glyphosate renewal group (Grg), un’alleanza di aziende (tra cui la stessa Bayer), che mira a mantenere il glifosato sul mercato.
Nel 2021 l’Istituto di ricerca sul cancro dell’Università di medicina di Vienna ha pubblicato i risultati di uno studio che ha esaminato più di 50 studi sulla sicurezza relativi al glifosato presentati alle autorità da queste aziende chimiche, trovando gli studi parziali per essere considerati scientificamente validi. Il Grg ha presentato oltre 16mila pagine di documentazione per dimostrare che il glifosato non ha alcun effetto nocivo sulla salute dell’uomo e sull’ambiente. Ma molti pensano che la quantità spropositata degli studi presentati sia un’escamotage per rendere impossibile all’Efsa il controllo di tutti i documenti in tempo per dicembre, rendendo l’estensione inevitabile, poiché un giudizio non potrà essere emesso.
A incrociare le dita per la fine del rinnovo di questa sostanza non ci sono solo ong, cittadini e alcune forze politiche, ma anche aziende che producono altre sostanze, anch’esse tuttavia sotto scrutinio europeo. Dal 2003 l’Unione ha esteso sei volte l’approvazione per il flumioxazin, considerato il sostituto più probabile del glifosato, un pesticida ampiamente utilizzato in 16 stati membri. Alcuni studi scientifici suggeriscono che possa essere collegato ad alcuni casi di cancro nell’uomo. Gli stati membri dovranno decidersi anche sul suo rinnovo a metà del 2022.